Lo scorso week end Federico Marchetto mi ha aperto le porte dell’azienda di famiglia. Siamo alla terza generazione di questa piccola realtà nel centro della DOC Gambellara che coltiva circa quattro ettari di Garganega su terreno prevalentemente basaltico, di cui tre ettari posizionati in collina e uno in pianura.

Una piccola scoperta emersa sfogliando le varie guide di settore dove tra i grandi nomi spunta sempre qualche vino premiato di piccoli produttori e stavolta ho deciso di concedermi un altro viaggio tra le colline vicentine. In questo caso il fiore all’occhiello di Marchetto è il Vin Santo di Gambellara che viene premiato per l’ottimo equilibrio tra la dolcezza e la freschezza.

Come accennato l’anno scorso nella visita a Menti Vini, il Vin Santo di Gambellara viene tutelato dal progetto seguito dall’università di Verona con il Consorzio di Tutela che ha individuato e codificato il lievito Zygosaccharomyces gambellarensis, utilizzato da tutti i produttori. Quando arriva il momento della torchiatura inoltre viene scelta una cantina dove tutto il Vin Santo delle cantine aderenti al progetto verrà portato e pressato. Per il 2015 è stato selezionato Sordato, l’anno scorso toccava a Menti Vini. Una tradizione che viene portata avanti nell’unione dei produttori e nella valorizzazione di questo prodotto di nicchia.

Chiusa la parentesi del Vin Santo, la Marchetto vini cerca di lavorare l’uva bianca più antica del Veneto senza l’utilizzo di concimazioni chimiche e trattando la vigna con rame e zolfo. A livello solfiti l’obiettivo è mantenerli a circa 50-60 mg/l, molto bassi rispetto il limite di 220mg/l previsto dal Regolamento CE.

E i risultati della loro produzione mi hanno incuriosito parecchio, è stata una vera sorpresa conoscere questo piccolo produttore.

La degustazione inizia dallo SPUMANTE EXTRA DRY 2014, 100% Garganega, che ha fatto la prima fermentazione in acciaio seguita da 50 giorni di seconda fermentazione in autoclave. L’impronta floreale al naso contornata da note dolci era molto decisa. Convincente e pieno anche il perlage con una bollicina abbastanza fine. Mi ha attirato la lunghezza dell’infinita mineralità spinta da un acidità che mi ricordava più un brut. La mandorla amara non l’ho percepita al naso, ma me la sono proprio “mangiata” mentre assaporavo il vino.

Spostando di circa tre settimane la vendemmia (siamo quasi al 10 ottobre contro la metà di settembre per lo spumante), il vigneto più alto in collina, dopo la cernita dei grappoli atti a divenire Vin Santo, darà come frutto il GAMBELLARA CLASSICO DOC CORTE DEI MEI 2014 , che fermenterà in acciaio con continui batonnage delle fecce fini con la massa del vino per conferire al prodotto finale maggiore struttura e profumi più intensi. L’annata 2014 degustata è dotata di un ottimo carattere con una nota minerale al naso più leggera dello spumante. In compenso il citrino dell’agrume spunta immediatamente e in bocca è emersa una pulizia finale intensa; il sorso è molto rotondo e caldo con un retrogusto erbaceo. E’ interessante, a mio parere, farlo sostare in bottiglia ancora per un po’ di tempo per andare a scoprire un calice maggiormente fine ed elegante.

Altra rarità della DOC, prodotta solo da poche cantine, è la versione spumantizzata del Recioto di Gambellara. Qui la prima fermentazione viene fatta in cemento, per poi finire 60 giorni in autoclave per la presa di spuma. Il 2012 mi incanta finemente con fiori d’arancio e ginestre; è dolce ma non invasivo, con un perlage fine e persistente. Nota marcata dell’azienda è l’acidità che ci accompagna notevolmente e piacevolmente nell’assaggio di tutti i prodotti.

Concludiamo con il premiato Vin Santo che ha l’incarico di incantare i degustatori con tutta la lavorazione che viene applicata, dall’appassimento in picai, alla fermentazione naturale con i lieviti autoctoni, il travaso in questo caso in barrique di terzo passaggio per 20 mesi, un po’ di acciaio per decantare e minimo 6 mesi di bottiglia per l’affinamento. Per poterlo trovare sul mercato è necessario aspettare quasi quattro anni cari appassionati di vino.

Il colore ambrato dell’annata 2010 è ancora bello vivo alla vista, la scorza d’arancia candita e il miele caratterizzano la concentrazione dei profumi insieme a sfumature di crema pasticcera.  Come accennato prima, l’equilibrio tra zuccheri e acidi è ottimo e, se non avete mai avuto occasione di conoscerlo, vale la pena provarlo.

Il tour con Federico si è concluso, vista la bella giornata, a passeggio tra i suoi vigneti.

Vi lascio qualche scatto per conoscere cosa mi ha incuriosito particolarmente.

#cincin


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